Istituto Comprensivo Statale "Luciano Manara"

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La norma dettata dal diritto sostanziale, per soddisfare il principio di legalità, deve garantire un elevato livello di tipicità: ciò non la priva, in genere, del “carattere della concretezza” , pur essendo applicabile ad una molteplicità di casi, mentre la sentenza del giudice rappresenta la regola del caso concreto, cioè del singolo caso. Il carattere della concretezza manca nelle norme che contengono clausole generali, ma esse costituiscono per certi versi delle eccezioni all’interno del sistema del diritto civile, avendo soprattutto la funzione di offrire regole di comportamento alle parti per evenienze non previste e per adattare alle circostanze della fattispecie le regole legali o quelle concordate nel contratto, nonché la funzione di offrire una base testuale al giudice per trovare nel sistema la regola da applicare in caso di mancanza di una norma determinata o per correggere un risultato iniquo a cui potrebbe pervenirsi con la mera applicazione di una norma determinata. In tal senso, come è noto, le clausole generali sono state spesso descritte come «ventili » o «polmoni» dell’ordinamento giuridico. In entrambe le ipotesi, tuttavia, il giudice elabora la regola del caso concreto applicando la norma dettata dal diritto sostanziale”[1].

Peraltro, l’esigenza di concretezza della norma non può spingersi fino a negare la sua tipicità, pena la creazione di una vera e propria antinomia. Infatti, è stato lamentato che «le strade della legittimità e della legalità (la prima, adeguatezza ad aspettative concrete; la seconda, conformità a norme astratte)» vanno divaricandosi: senza andare «alla radice, per colmarlo, dello scarto tra legalità e legittimità, ci possiamo attendere uno svolgimento tragico del conflitto tra una legalità illegittima e una legittimità illegale»[2].

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